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Inceneritore di Desio, Gianmarco Corbetta M5S replica al sindaco di Limbiate: completamente ignorate le linee di indirizzo di Regione Lombardia.  

A luglio il MoVimento 5 Stelle Lombardia aveva lanciato un appello ai sindaci soci di BEA affinché sospendessero l’aggiudicazione dei lavori per il revamping dell’inceneritore di Desio. Assieme al silenzio della maggior parte dei sindaci è arrivata anche la lettera del sindaco di Limbiate, che non ha aderito all’iniziativa perché “la nostra è una visione politica del tutto diversa, che si basa su un concetto fondamentale, ovvero che la gestione pubblica degli impianti sia imprescindibile.”

Alla lettera ha risposto il Consigliere Regionale M5S Gianmarco Corbetta che ha fatto notare come il concetto di pubblico o privato, o di visione politica, in questo caso non centra nulla. Il nocciolo della questione è che esiste un Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti (approvato definitivamente nel giugno di quest’anno), che recepisce una Risoluzione del Consiglio Regionale (approvata all’unanimità da tutto il Consiglio, anche dalla corrente politica del primo cittadino di Limbiate) che, a fronte di una conclamata sovracapacità impiantistica regionale, stabilisce quale criterio per l’individuazione degli impianti da dismettere l’efficienza ambientale (e non la natura pubblica o privata dell’impianto).

Piaccia o no, questa è la realtà dei fatti. Non si tratta del parere del Movimento 5 Stelle, ma di un Ente sovraordinato (rispetto al comune di Limbiate) quale Regione Lombardia, che ha il compito per legge di indirizzo e coordinamento delle politiche di gestione dei rifiuti a livello regionale. Appare stupefacente che, in qualità di amministratore pubblico locale, il sindaco di Limbiate non prenda minimamente in considerazione questo fatto.

Prosegue nella sua lettera di risposta il Portavoce Regionale del MoVimento 5 Stelle:  “Ci era parso nostro dovere farvi presente l’inopportunità di procedere all’aggiudicazione di lavori milionari su un impianto che tra un anno potrebbe rientrare nella black list della Regione. Restiamo convinti che una gestione oculata del denaro pubblico richiederebbe maggiore prudenza nell’affrontare certe operazioni a fronte dei rischi appena evidenziati, senza contare quanto avvenuto dopo il nostro appello, e cioè il fatto che il bando della gara per il revamping è andato deserto, segno evidente che nemmeno le aziende che operano nell’impiantistica del settore credono nel progetto di rilancio del vecchio forno di Desio. Ripetiamo, questo è il nocciolo della questione, che da voi è stato completamente ignorato. In merito alle altre considerazioni che avete sviluppato nella vostra risposta, ci teniamo a fare alcune precisazioni. In primo luogo, Regione Lombardia, con il nuovo Piano Regionale, ha superato il principio dell’autosufficienza provinciale nella gestione dei rifiuti a favore del principio dell’autosufficienza regionale. Piaccia o no, questa è la realtà dei fatti. Il chilometro zero è una bufala quando si parla di rifiuti da incenerire, semplicemente perché fortunatamente non esistono (più) sufficienti rifiuti a chilometro zero per alimentare un impianto! In Italia vi sono vasti territori che hanno adottato politiche virtuose nella gestione dei rifiuti (ad esempio quello servito dal Consorzio Priula in provincia di Treviso) che sono già scesi a 50 kg/abitante/anno di rifiuto urbano residuo da smaltire. Tale dato, anche volendolo proiettare su tutto il territorio della Provincia di Monza e Brianza, porterebbe ad una quantità di rifiuti da smaltire pari a 40-45.000 tonnellate/anno, molto meno di quanto previsto dal revamping dell’inceneritore di Desio. E gli altri rifiuti che servirebbero per far funzionare l’impianto a regime – provenienti da chissà dove – quelli vanno bene? Sono esenti dal principio del chilometro zero? Oppure ritenete che non sia bene spingere per la riduzione/riuso/riciclo dei rifiuti in Brianza, per poter avere sufficienti rifiuti a chilometro zero da bruciare a Desio? Da questo bivio non si scappa. E anche per i rifiuti di origine industriale, la nostra regione ha una dotazione più che sufficiente per lo smaltimento, senza considerare gli ampi margini di riciclo, non ancora sfruttati, presenti anche in questa settore. L’unica possibilità per tenere in piedi vecchi impianti come quello di Desio è importare rifiuti da fuori regione. siete sicuri di volervi assumere questa responsabilità politica di fronte ai cittadini che rappresentate? E’ semplicemente risibile l’accusa di voler favorire impianti privati e contrastare quelli pubblici. Fosse per noi li chiuderemmo tutti nel giro di pochi anni, attuando vere politiche ambientali e di risparmio economico per i cittadini, tramite la strategia Rifiuti Zero. Ma dobbiamo fare i conti con la realtà, fatta di una politica votata al culto dell’incenerimento. Volete cominciare a dismettere gli impianti privati, magari quelli da 700/500 mila tonnellate, come quello di Brescia e Milano? Benissimo, fateci un fischio quando ci riuscite! Lo abbiamo sempre detto e lo ripetiamo ancora una volta: non siamo contro Bea in sé, ma contro la politica industriale portata avanti dal suo management. Siamo convinti che l’unica strada percorribile per Bea per salvarsi sia quella di riconvertire il proprio forno in una fabbrica dei materiali per la massimizzazione del recupero di materia dai rifiuti differenziati e non, sulla scorta di quanto fatto dalla Provincia di Reggio Emilia (amministrata – lo diciamo per inciso – dalla vostra parte politica.). Qualunque investimento sull’incenerimento è ad oggi una condizione di fortissimo rischio finanziario per Bea ma soprattutto per i suoi azionisti (i Comuni) e per i cittadini, in quanto le condizioni economiche per la gestione degli inceneritori sono sempre meno favorevoli, in ragione – da un lato – del progressivo abbattimento della quota di energia coperta dai Certificati Verdi, e – dall’altro – della competizione indotta dalla sovracapacità impiantistica regionale (e dalla conseguente corsa al ribasso dei prezzi di incenerimento). Bea è condannata al fallimento se non mette in campo una politica industriale che le permetta il prima possibile e con i minori danni possibili di uscire dal settore dell’incenerimento. Spiace che non lo si voglia capire e che si dia ancora retta a chi, nel recente passato, ha già cercato di fregare i sindaci proponendo condizioni capestro nei contratti di servizio (quale l’obbligo di conferire per 20 anni una determinata quantità di rifiuti da bruciare.). Ne riparleremo tra qualche anno.”

Gianmarco Corbetta – Consigliere M5S Lombardia

 

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