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Chiusura call-center Telecom: M5S stigmatizza ipocrisia di sindacati e partiti

callcenter prova 1

Il 26 marzo 2015 si è tenuta, in Commissione Attività Produttive di Regione Lombardia, la seconda audizione sulla chiusura della sede Operation Caring di TELECOM Italia di Pavia e di altri sette call-center Telecom lombardi, di cui tre “unipersonali” (cioè con un unico impiegato) nell’ambito di una riorganizzazione delle sedi territoriali di TELECOM Italia, facente seguito a un accordo nazionale sottoscritto dalle stesse organizzazioni sindacali, non oggi, bensì nel 2013. All’audizione erano presenti oltre alle OO.SS. e i referenti di TELECOM Italia: questi ultimi hanno illustrato come questo piano di riorganizzazione dei call-center (divisione caring services) di TELECOM fosse stato avviato a seguito di un accordo nazionale sottoscritto dagli stessi sindacati nel 2013 e che prevedeva la creazione di una newco e la chiusura di ben 47 sedi della TELECOM, accordo ratificato successivamente con referendum dei lavoratori che, a maggioranza, si sono espressi a favore.

A fronte di questo accordo, TELECOM si impegnava a mantenere i livelli occupazionali consentendo ai lavoratori dei call center (per lo più donne e portatori di handicap con contratto part-time a 3/4 ore) di scegliere fra la formula del telelavoro o il trasferimento nella sede TELECOM più vicina.

Iolanda Nanni, consigliere regionale M5S: “Ho partecipato all’audizione e sinceramente sono rimasta basita dalla pantomima messa in atto dai sindacati, quegli stessi che nel 2013 firmavano un accordo con TELECOM per la chiusura di 47 sedi, fra cui Pavia, e la creazione di una newco in cui far confluire i lavoratori dei call-center. I sindacati sono venuti oggi, a distanza di due anni dall’accordo, a rivendicare che gli 8 centri lombardi devono rimanere aperti perché TELECOM non offre ai lavoratori un’alternativa praticabile.

L’alternativa, illustrata dal responsabile della TELECOM, è la seguente: il lavoratore, a parità di reddito, può optare o per il telelavoro o per il trasferimento nella sede più vicina. Per il caso dei 27 lavoratori della sede di Pavia, di cui la metà residenti a Pavia, l’altra metà in provincia di Pavia, i sindacati hanno dichiarato che l’alternativa proposta da TELECOM non era praticabile poiché non tutte le zone di residenza dei lavoratori sono coperte da banda larga e il trasferimento a Milano avrebbe comportato alle donne e ai portatori di handicap un gravissimo disagio. Un lavoratore disabile presente ha anche dichiarato che il contratto di telelavoro per lui comporterebbe una forma di “segregazione” a casa, addirittura paragonando il telelavoro al “art. 41-bis” (il c.d. “carcere duro”). Motivazioni al limite dell’inverosimile, considerato che si tratta di contratti part-time che consentono la piena gestione in autonomia del proprio tempo.

Su mia espressa domanda alla TELECOM sulla copertura della rete, il responsabile di TELECOM ha risposto che avevano effettuato un’analisi dettagliata del livello di copertura della rete su tutti i Comuni di residenza dei 27 lavoratori pavesi, riscontrando una copertura al 99,8% e che, per il rimanente 0,2%, stavano provvedendo a infrastrutturare la rete proprio per mettere in condizione i lavoratori di poter attivare il contratto di telelavoro.”

“Rimane oscuro – continua Nanni – il motivo per cui i sindacati hanno attivato questo can-can di proteste senza una vera ratio e fondamento, come rimane oscuro capire i meccanismi secondo cui FIOM-CGIL abbia deciso di sottoscrivere, sempre a Pavia, un accordo con la GUALA Closures (120 dipendenti circa) che prevedeva il trasferimento di 20 lavoratori italiani in Polonia, mentre per i 27 lavoratori del call center, dove l’azienda mantiene i posti di lavoro e offre alternative praticabili, chieda un passo indietro all’azienda, dopo che a livello nazionale i sindacati hanno firmato un accordo per la chiusura di 47 centri ben due anni fa.”

“Il M5S – conclude Nanni – nell’interesse esclusivo dei lavoratori, non può che stigmatizzare questa discrasia nel comportamento dei sindacati che, evidentemente, prima firmano accordi per la chiusura delle sedi e poi vorrebbero tornare indietro accusando unilateralmente l’azienda: logica schizofrenica che non può che penalizzare i lavoratori.

Dall’altra parte stigmatizziamo l’ipocrisia della politica partitica che sostiene bipartisan le tesi dei sindacati contro ogni logica di buon senso , come quelle del consigliere regionale PD, Onorio Rosati, che peraltro ha negato in audizione l’esistenza dell’accordo sindacale Guala, da me citato, del Sindaco di Pavia che ha sostenuto che la presenza a Pavia dei 27 lavoratori del call-center aiuta l’indotto economico della città, tesi ridicola di fronte alla perdita di centinaia di posti di lavoro per realtà seriamente impattanti sull’indotto, come Merck e Guala Closures ed, infine, e del Presidente della Commissione Attività Produttive, Angelo Ciocca (LEGA) che addirittura ha fissato per il 7 aprile una visita al call-center di Pavi dell’intera Commissione Attività Produttive, cui poi seguiranno altre tappe negli altri call-center. Ci domandiamo se intende sprecare il tempo preziosissimo di questa Commissione per visitare anche i tre call-center TELECOM in cui lavorano un solo impiegato in ciascuno. Il M5S non ci sta a questa farsa: il caso TELECOM non tocca i livelli occupazionali, né pregiudica i diritti acquisiti. Pensiamo invece ai numerosi casi in cui si chiudono e de localizzano call-center in Romania o Albania, con migliaia di lavoratori CO.CO.PRO. che rimangono senza lavoro e senza alternative e per cui nessuno fa nulla.”

Iolanda Nanni – Consigliere Regionale M5S Lombardia

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